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Non è facile sintetizzare i caratteri salienti dell'arte di Alfonso Borghi, poliedrica e variata negli esiti come poche altre. Un discorso che parte da lontano, nell'arte più ancora che nel tempo; quando, nella seconda metà degli anni Sessanta, Borghi esordisce all'insegna di una figurazione d'impronta post-impressionista, piuttosto istintiva e elementare nelle sue prime manifestazioni, presto rafforzate da un senso strutturale del colore che rimanda alla lezione di Cézanne. Costante, in queste opere d'esordio, l'insistenza nel rapporto con la natura, in particolare con quella della sua terra d'origine, concepita come fonte primaria dell'ispirazione artistica.
Negli anni Settanta è invece l'uomo il centro degli interessi artistici e intellettuali di Borghi, coinvolto in una personale stagione di engagement sociale e culturale. Ne corrisponde una fase di prevalente vocazione espressiva, oscillante fra estremi notevolmente diversi fra loro, da Pitocchetto a Guttuso, da Daumier alla Neue Sacklichkeit, con qualche spunto dal campo del primitivismo di maggiore connotazione popolare, teso a recuperare la spontaneità della cultura contadina (allora di moda), ma in Borghi giustificata da precise ragioni autobiografiche.
Parallelamente a questo approccio "umanista", Borghi affronta lo studio e il confronto con alcune delle principali avanguardie novecentesche, il Futurismo, il Costruttivismo, il Surrealismo, scoprendo, attraverso di esse, un universo di nuove dimensioni liriche, tanto più intriganti quanto più si allontanano dalla figurazione, che pure non viene rinnegata del tutto.
Gli anni Ottanta, segnati da una dominante matrice surrealista, servono a detonare la magmatica materia ispirativa agitata nel decennio precedente. Preludio necessario agli esplosivi anni Novanta, che vedono Borghi conseguire la scelta più rilevante della sua carriera, il recupero e la riproposizione in una chiave personale dell'informale, quello più canonico e storicizzato, segnico, gestuale, soprattutto materico, masticato e diluito in un modo che rende vicinissima l'Europa di De Stael, Afro, Vedova, Mathieu, Fautrier, Wols, Hartung, Burri, Tapiés, all'America dell'Action Painting e dell'Espressionismo Astratto, di Pollock e soprattutto di De Kooning.
Un neo-informale, quello di Borghi, diverso rispetto alle tendenze più ufficiali dell'arte di quegli anni, dai toni prevalenti, ma non prevaricanti del Naturalismo Astratto, con la sopravvivenza di una liasion mimetica che impedisce alle opere di assumere un carattere esclusivamente mentale, anche quando affrontano tematiche in senso simbolico o concettuale. Giunto alla sua piena maturità artistica, Borghi è pervenuto a un'idea della creatività espressiva che non concepisce alcuna differenza fra le sue possibili applicazioni, potendosi manifestare, oltre che nella pittura tout court, nella seconda come nella terza dimensione, nel vetro come nella ceramica, nel piccolo come nel grande formato. Ma la compiutezza degli esiti attuali non può escludere che Borghi non possa trovare lo stimolo per affrontare nuove avventure artistiche anche profondamente diverse dalle odierne, che pure sembrerebbero così definitive, volendo l'artista rispondere solo alla propria libertà di pensiero. Inesauribile, Alfonso Borghi, nelle mani come nella mente.
Vittorio Sgarbi
Alfonso Borghi
Domus Aurea
Labirinto Del Mito
In collaborazione con Aliuccia Borghi, Katia Golini e Giuseppe Amadei
Galleria San Carlo Milano
Grafica e direzione artistica
Alberto Nodolini
Foto
Giorgio Dobrota
Selezioni e prestampa
Recos la fotolito Poviglio (RE)
Stampa
Artigrafiche De Pietri Castelnovo di Sotto (RE)
Finito di stampare nel mese di ottobre 2008
Anno ediz | 2008 |
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Legatura | Copertina rigida con sovracoperta |